5 NOVITÀ A MARZO SU NETFLIX, DA ULTRAS A IL BUCO

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    Tesi spaccati del mondo delle tifoserie, affascinanti e crudi sci-fi, amari adattamenti di drammatiche storie vere, moderni film d'animazione e thriller di provenienza indiana. Nel nostro nuovo appuntamento dedicato ai titoli da poco disponibili nel catalogo di Netflix andiamo a parlare del controverso Ultras sulla realtà del tifo organizzato, della distopia verticale di Il buco, del biografico Lost Girls - sulla scia di sangue del killer di Long Island - con Amy Ryan, del divertente - soprattutto per i più piccoli - Bigfoot Junior e di Guilty, che riprende il fenomeno #MeToo per denunciare la situazione sociale della donna in India.

    Ultras

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    Napoli. A quasi cinquant'anni Sandro è ancora il capo degli Apache, il gruppo di ultras con cui ha passato tutta la vita allo stadio: anni di violenza, scontri, passioni e valori incrollabili. Ma ora che un Daspo gli impedisce di avvicinarsi alla curva, quei valori iniziano a vacillare. Sandro sente per la prima volta il bisogno di una vita normale, di una relazione, magari anche di una famiglia. Ha incontrato Terry, che è bellissima e non ha paura di niente.
    Angelo ha sedici anni e considera gli Apache la sua famiglia, Sandro la sua guida, la persona che ha preso il posto di suo fratello Sasà, morto anni prima durante gli scontri di una trasferta.

    Apprezzato con moderazione dalla nostra redazione, come potete leggere qui, Ultras si propone di raccontare lo spesso controverso mondo delle tifoserie organizzate con un taglio ruvido ed efficace, che si pone anche come sguardo generazionale nel confronto tra i vecchi e i giovani di questa realtà. Registicamente attento e popolato da personaggi ottimamente caratterizzati, il film fa il suo dovere con discreta efficacia.

    Il buco

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    Il film è ambientato in una grande prigione verticale nella quale i detenuti sono alimentati grazie a una piattaforma che sale e scende di livello in livello. Se all'inizio il sistema apparirà ben bilanciato, in realtà ben presto ci renderemo conto che l'intera struttura è basata su un tacito accordo tra i suoi ospiti, che però non tutti rispettano: prendere solo la quantità di cibo necessaria. Nella sua lenta e inesorabile discesa, le provviste diminuiranno via via, lasciando spesso a mani vuote i detenuti dei piani più bassi.

    Il regista spagnolo Galder Gaztelu-Urrutia esordisce dietro la macchina da presa con uno sci-fi accattivante e riuscito, crudo sia dal punto di vista psicologico che nelle dinamiche di genere. Come potete leggere nella nostra recensione, ci troviamo davanti a una visione a tratti disturbante ma ben consapevole del proprio messaggio metaforico, a metà strada tra Cube - Il cubo (1997) e Snowpiercer (2013) nella gestione di spazi e risvolti narrativi, che tiene alta la curiosità fino al sopraggiungere dei titoli di coda.

    Lost Girls

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    Nel maggio 2010, Mari Gilbert - madre single che vive con le figlie Sherre e Sarra - scopre che la primogenita Shannan è scomparsa nel nulla. La donna si rivolge alla polizia di Long Island affinché inizino le ricerche, ma non viene inizialmente presa sul serio per via dei burrascosi rapporti di famiglia. La ragazza sparita, infatti, da lungo tempo aveva abbandonato la dimora materna, iniziando a drogarsi e prostituirsi.
    Il detective Richard Dorman, a capo delle indagini, pone maggiore attenzione al caso dopo il ritrovamento dei resti umani di altre quattro ragazze, tutte coinvolte in una situazione simile a quella di Shannan. Il modus operandi fa pensare che dietro i brutali omcidi vi sia la mano di un serial killer e l'opinione pubblica inizia a interessarsi alla vicenda.
    Nel frattempo Mari, che ha formato una sorta di associazione con le madri delle altre vittime, decide di agire in prima persona nella tenue speranza di ritrovare la figlia ancora viva.

    Lost Girls è un dramma biografico che ripropone fedelmente quanto realmente avvenuto, insinuando dubbi e sospetti sull'effettiva identità del serial killer di Long Island, autore di una serie di inquietanti omicidi ancora senza colpevole. La regista Liz Garbus, esperta documentarista, utilizza uno stile sobrio e ragionato che trova ideale appoggio nella struggente performance della protagonista Amy Ryan.

    Bigfoot Junior

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    Il tredicenne Adam, orfano di padre, inizia a manifestare delle mutazioni genetiche, come i capelli che ricrescono in brevissimo tempo dopo averli tagliati e i piedi che gli si allungano improvvisamente. Un giorno, dopo essere scampato all'ennesimo assalto dei bulli di quartiere, trova per caso una lettera firmata del genitore, scoprendo come questi sia vivo e vegeto e decide di trovarlo.
    L'indirizzo sulla busta lo porta nel bel mezzo di una foresta, dove Adam fa una scoperta incredibile: suo padre infatti è il leggendario Bigfoot, l'uomo-scimmia che si nasconde da anni da una compagnia farmaceutica che ha intenzione di studiare il suo DNA al fine di sviluppare un rivoluzionario prodotto per la crescita dei capelli.

    Un film d'animazione gradevole ma non originalissimo che utilizza una creatura iconica dell'immaginario criptozoologico d'Oltreoceano per raccontare un canonico percorso di formazione in un contesto fantastico a sfondo ecologista. Bigfoot Junior vive su un'estetica accettabile e su una sceneggiatura, pur non originalissima, capace di offrire una discreta dose di divertimento, rivolto soprattutto a un target di pubblico composto prevalentemente da bambini e pre-adolescenti.

    Guilty

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    Nanki, studentessa dallo spirito ribelle, è fidanzata con il ricco VJ, rampollo di una famiglia locale. Il ragazzo è conteso anche dalla procace Tanu, un'altra compagna di università, con la quale si allontana di nascosto in compagnia di alcuni amici dopo una festa a base di alcool e droghe.
    Il giorno dopo Nanki scopre che VJ è stato accusato di stupro da Tanu, prossima a divenire il simbolo della lotta contro i soprusi e le violenze subite dalle donne. La protagonista è però fermamente convinta dell'innocenza dell'amato e tenta in ogni modo di scagionarlo, ritenendo che la sua rivale abbia organizzato una montatura ad hoc per ferire lei.
    La causa di diffamazione da parte di VJ e quella per stupro da parte di Tanu si intrecciano mentre l'opinione pubblica è sempre più divisa tra le due versioni della storia.

    Un thriller indiano che riprende l'esplosione del movimento #MeToo a scopi narrativi, denunciando la scottante situazione sociale del Paese dove la maggior parte degli autori di violenze sulle donne viene solitamente assolta dalle accuse. Guilty forza in più occasioni la narrazione su false piste, tentando di far collimare l'anima tensiva a un approccio drammatico, rivelandosi un'operazione moralmente condivisibile ma non del tutto efficace dal punto di vista cinematografico.

    Fonte: Everyeye.it/
     
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