Le Mans non è stata la sconfitta dell'ibrido

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    La realtà della corsa ha detto che solo la Porsche e la Toyota arrivate al traguardo hanno avuto problemi con il sistema. Dietro alla vittoria della 919 c'è stata la perfetta macchina organizzativa di Weissach e la disciplina dei suoi piloti

    Finite le emozioni, consumate le prime reazioni istintive, è venuto il tempo di analizzare con maggior lucidità la fotografia del WEC dopo la 24 Ore di Le Mans più strana degli ultimi anni. Quella che secondo molti ha decretato la fine di un'epoca, che attraverso le immagini dei problemi subìti dalle Toyota e dalle Porsche ha spalancato per la prima volta e in modo molto tangibile il buco lasciato dall'Audi nella categoria. Era abbastanza prevedibile che accadesse nella corsa più lunga dell'anno. Se a Silverstone e a Spa le 6 Ore erano riuscite a celare l'assenza di Ingolstadt, in terra francese le 24 Ore l'hanno messa prepotentemente in evidenza.

    Anche negli anni passati le LMP1 H non avevano marciato come orologi. Qualche grana l'avevano avuta tutti. Solo che c'era Audi e il numero di vetture in pista metteva in ombra le magagne. È per questo che durante la corsa si è gridato al fallimento dell'alta tecnologia e della complessità a favore della semplicità delle " piccole " LMP2 senza considerare che nell'arco di 24 Ore è giustificabile che la sperimentazione possa portare a delle defaillance.

    C'è poi un altro fatto che non è stato considerato: le grane all'ibrido hanno riguardato la Porsche vincitrice e la Toyota giunta al nono posto. Le altre rotture, frizione per Kobayashi-madornale l'errore del giapponese ai box- e motore per Lotterer, fanno parte del comparto " tradizionale " . Un conto è dire che le LMP1 sono complesse, talmente raffinate che un particolare in crisi può mettere a repentaglio la funzionalità del tutto, un altro affermare che l'ibrido è un fallimento. Non è così perché ad oggi è questa l'unica risposta credibile alle tante soluzioni alternative che vengono proposte in materia di auto a minor impatto ambientale. È, particolare non trascurabile, uno dei rari casi in cui il vaso comunicante tra corse e normale produzione è concreto, persino tra i tecnici, e non uno slogan.

    Il vero problema è che costa molto e che senza avversari la categoria non diventa più appetibile in relazione agli investimenti effettuati. È questo il senso del minacciato abbandono di Porsche, costruttore che più di ogni altro all'ibrido ha dato fiducia anche quando era impopolare soprattutto se riferito a un produttore di auto ad alte prestazioni.

    Le Mans 2017 ha dato a Porsche ciò che Porsche voleva: la terza vittoria di seguito, la 19sima assoluta della storia( nel conto vi sono anche le due con i telai TWR) , un bel vantaggio nel mondiale WEC grazie al doppio punteggo della corsa e soprattutto la dimostrazione che la Casa di Weissach interpreta come nessun'altra questa gara. Sa quanto siano inutili i temponi delle qualifiche e molto rischiose le prime ore. Sa gestire i propri piloti che non cadono in errori, che non prendono rischi inutili, che mantengono la calma perchè guidati dai box in modo impeccabile. La rimonta finale di Hartley-Bamber-Bernhard ai danni dell'Oreca di Jarvis-Tung-Laurent non è stata furiosa come ci si poteva attendere. I tre dovevano mantenere un certo ritmo seguendo scrupolosamente le indicazioni del team. Ci sono riusciti senza foga.

    Dal Ring configurazione ad alto carico senza voli pindarici

    Sul fronte tecnico gli uomini di Weissach sapevano che sul piano delle prestazioni Toyota era superiore. Perché la verità è che nel 2017 i giapponesi hanno una vettura nuova al 100 per cento e su questa hanno investito. Porsche ha evoluto, migliorato ma non si è lanciata in spese folli. Anche l'aerodinamica, che sembra essere il tallone d'Achille della 919 Hybrid rispetto alla TS050, è andata sul tradizionale. La versione ad alto carico che verrà presentata al Nürburgring non dovrebbe portare a stravolgimenti. Ci sarebbe stata la possibilità di seguire la strada della forma a coca cola nel retrotreno e delle soluzioni adottate dalla Toyota ma Porsche ha calcolato i tempi troppo lunghi, almeno 12 settimane di lavoro, per la realizzazione delle modifiche prima dell'omologazione. E in attesa di un annuncio-positivo o negativo-circa il futuro, il team degli ingegneri da dopo Le Mans si sdoppierà con una equipe che seguirà il progetto della vettura 2018, quella che in caso di abbandono già l'anno prossimo non vedremo mai in pista.

    La sosta della Toyota è durata 54'in più rispetto a quella della 919 vincitrice

    Per Toyota la debacle è stata forte e molto difficile da digerire. Volenti o nolenti nel team giapponese c'è sempre qualche particolare che sfugge, qualche errorino anche da parte dei piloti: Le Mans non li perdona. La TS050 è oggi la miglior vettura LMP1 eppure ....è fin troppo estrema perché nella sua raffinatezza concettuale e costruttiva offre complessità nel momento in cui i tecnici devono operare in emergenza. A parità di rottura e di sostituzione del sistema ibrido all'avantreno con la 919 Hybrid che poi avrebbe vinto, Toyota è rimasta ai box 1.59'37"759 contro 1.05'10"108 dell'avversaria. 54' in più. Ovvero si è giocata l'affermazione, viste le stravaganti evoluzioni della classifica avvenute tra la notte e la domenica. Perdere la gara più importante quando si parte in vantaggio di tre vetture contro due e con la consapevolezza di avere prestazioni superiori impone più di una riflessione. Perché gli anni buoni per portare in Giappone il trofeo francese che si sono risolti con un nulla di fatto iniziano a essere tanti. Forse troppi.

    Fonte: it.Motorsport.com/
     
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